La pelle ha l’importante compito di rivestire il nostro organismo proteggendolo da disidratazione, lesioni e sbalzi termici. E’ parte dell’apparato tegumentario, unitamente a capelli, peli, unghie ed annessi cutanei di differente foggia e struttura.

La pelle è ciò che appare di noi in superficie, il biglietto da visita con cui ci presentiamo al mondo,  infatti parla di noi: dove viviamo, che professione svolgiamo, se stiamo bene fisicamente e psicologicamente.

La pelle è dunque confine esterno del Sé ed al contempo, strumento di comunicazione: attraverso l’epidermide, lo strato dermico più superficiale, il nostro organismo sente, accoglie, sperimenta, entra in contatto con l’altro e l’ambiente, ma anche esprime emozioni ed affettività, in uno scambio con la realtà esterna costante ed imprescindibile:

– l’encefalo elabora i feedback cognitivi sulla base dei messaggi cutanei: la corteccia somatosensitiva svolge infatti la peculiare funzione di ricevere le informazioni tattili (dolore, piacere, temperatura), affinché vengano prese decisioni basilari per il mantenimento del metabolismo corporeo.

– le sensazioni tattili sono fonte di preziose informazioni dirette al sistema limbico, la struttura deputata al controllo emozionale, la parte più antica del cervello umano. Tale struttura, sulla scorta delle sensazioni ed emozioni raccolte, mediante  l’amigdala predispone la risposta emotiva.

LA FORMAZIONE DELLA PERSONALITA’

Ma la pelle ha anche una funzione ulteriore.

Una premessa.

Ognuno di noi, già all’età di tre anni, ha redatto gran parte del proprio copione. Di che si tratta?

Il copione è una specie di canovaccio costituito dalle regole base per stare nel mondo.

La realtà esterna in cui si trova a vivere il bambino è estremamente complessa. I suoi bisogni primari sono di ricevere protezione ed essere amato dalle sue figure di riferimento, genitori in primis.

Per questo egli plasma ogni suo comportamento, pensiero ed emozione sulla base di ciò che percepisce accettabile per loro. Ciò che risulta adeguato a ricevere contenimento ed affetto diviene quindi regola copionale.

Un esempio: un bimbo molto piccolo, a cui il fratellino sottrae il trenino con cui sta giocando, è probabile che reagisca istintivamente disperandosi, piangendo, arrabbiandosi, aggredendo il fratello per ciò che ritiene un’ingiustizia subita.

Ipotizziamo che la madre intervenga chiedendo ad entrambi i figli di smettere subito di litigare o semplicemente, dinanzi al pianto del figlio, sbuffi non dando peso ai suoi sentimenti. Immaginiamo ancora che questa circostanza si ripeta più volte.

Il bimbo, la cui esigenza primaria non è l’espressione spontanea di sé, ma il bisogno di essere accolto dalla madre, piano piano eviterà di esprimere le emozioni spontanee e reagirà comportandosi nel modo che sente più adeguato a compiacerla, per esempio non litigando con il fratellino, sopprimendo la rabbia e la tristezza e limitandosi a trovare un nuovo passatempo, un bel pallone per esempio. Così facendo, la mamma approverà il suo comportamento, lo riterrà un bravo bambino e lo amerà di più.

La regola copionale a trattenere l’emozione spontanea a questo punto è già codificata.

Possiamo presumere che, divenuto adulto e dovendo vivere, poniamo, la penosa esperienza di essere abbandonato dalla moglie per un altro uomo, egli metterà in atto lo stesso schema cognitivo-emotivo-comportamentale assimilato nell’infanzia e trascritto nel copione: soffrirà rassegnato, in silenzio, implodendo dolorosamente.

Come possiamo dedurre tutto questo? Sulla base del copione di vita da lui redatto fin dalla più tenera età, in cui la regola scritta, suona più o meno così ‘per essere amato ed accolto devo reprimere le mie emozioni, stringere i denti ed essere forte’.

L’influenza dell’ambiente circostante sulla struttura di personalità in formazione è quindi determinante. Ogni individuo stende le proprie regole di copione sulla base di quanto gli viene detto. Ma non solo. L’atteggiamento non verbale delle figure di riferimento (lo sbuffare annoiato della madre nell’esempio), la loro disponibilità ad accogliere il bambino standogli vicino, toccandolo, carezzandolo, coccolandolo o viceversa allontanandolo, sono persino più importanti del linguaggio. Ed è fin dai primi momenti di vita che l’ambiente contribuisce a forgiare la personalità.

Di più. Fin dalla vita intrauterina.

Dalle ricerche compiute sin dagli anni ’50 da R. Spitz, i figli di ragazze madri sono più gracili alla nascita rispetto ai neonati frutto di una gravidanza desiderata e vissuta con serenità e crescendo (ricerche longitudinali) mostrano di possedere in media un Se’ più fragile.

Si è detto, la personalità sviluppa dalla nascita.

Viene spontanea la domanda: come è possibile che l’incidenza delle figure di riferimento lasci una traccia così significativa in un’età – si pensi ai primi giorni di vita –  in cui la struttura corticale, la memoria, i patterns emozionali sono agli albori?

L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA DERMICA

Esiste una memoria antica, precedente a quella cerebrale, la memoria dermica.

Fin dai primi istanti dopo la nascita, la modalità attraverso cui il neonato viene tenuto, carezzato, massaggiato ed ancora l’intensità del tocco, la sua durata, la qualità tracciano una memoria somatica indelebile e strutturano un linguaggio emozionale profondo ed assolutamente personale.E’ l’accudimento materno rispetto al proprio bambino ad esprimere e ‘rispecchiare’ al figlio il senso del  Sé:se il suo corpo viene coccolato e massaggiato, egli imparerà istintivamente a riconoscerlo e a dargli valore.Se viene accolto ed amato, egli si permetterà di accogliere ed amare se stesso. Se le sue emozioni negative (pianto, dolore, rabbia) ricevono ascolto (venendo cullato, carezzato), egli si permetterà di ascoltarle senza reprimerle.

Nessuna parola successiva avrà potere così grande.

Anzi, le formulazioni mentali, e dunque anche verbali, emergeranno dall’esperienza soggettiva preverbale, la quale è, fondamentalmente, tattile.

IL LINGUAGGIO DELLA PELLE E LA PATOLOGIA DERMICA

Per tutta la vita la pelle registrerà le informazioni provenienti dall’esterno.

E per tutta la vita  la nostra interiorità continuerà ad esprimersi attraverso la pelle.

La pelle sarà dunque luogo privilegiato su cui incidere la storia della nostra vita.

Già W. Reich e poi J. Kepner avevano notato l’inscindibile legame tra psiche e soma.

La pelle  può farsi tesa e rigida su di un torace costantemente espanso a mo’ di scudo protettivo, per difendere l’individuo da  un contatto con l’esterno percepito come pericoloso.

E la pelle acneica di un giovane adolescente può esprimere il disagio interiore determinato dal timore  e dalla preoccupazione di rapportarsi agli altri in una ‘veste’ nuova.

Ancora. L’eccessiva produzione di sebo può manifestare l’inquietudine e la vergogna rispetto al trambusto pulsionale interno di quell’età evolutiva.

La pelle racconta attraverso piercing e tatuaggi, la pelle reclama e si ribella quando non ascoltiamo le esigenze dell’organismo, la pelle cambia quando la persona cambia.

Sulla base di quanto espresso è quindi possibile ricavare precisi quadri psicosomatici dall’osservazione delle patologie dermiche. Essi vengono a delinearsi grazie al significato simbolico implicito nella sintomatologia. Infatti ogni organo, ogni apparato, ogni funzione corporea (incluso il derma e le sue funzioni) può essere indagato come rappresentazione concreta di un’analoga rappresentazione mentale (immagine psichica corrispondente).

Sul piano psicologico, dunque, l‘espressione per via somatica dei sintomi rappresenta la modalità estrema dell’organismo affinché venga prestata attenzione e data soddisfazione ai bisogni  inascoltati o conflitti irrisolti.

L’intervento di counseling terapeutico fornisce uno  spazio di ascolto protetto ed accogliente in cui il disagio possa essere consapevolizzato e risolto.

Se ciò non avviene, la saggezza del soma farà sì che i sintomi si ripresentino a distanza di tempo o che vengano ‘trasferiti’ in un altro distretto corporeo, generando altri disturbi, volti a riaffermare il bisogno dell’organismo ad essere ascoltato e compreso.

Francesca Minore
Specialista in psicologia Integrata dell’individuo e di Comunità, Milano