Nelle icone della pittura si possono individuare molti esempi di alterazioni ungueali, in parte legate all’attività professionale dei modelli utilizzati dall’artista (traumi da lavori pesanti, residui di materiale) e, a volte, interpretabili come vere patologie. Ma le icone dell’arte consentono anche di tracciare una sorta di “storia” delle unghie e del significato sociale che gli è stato attribuito. Le Arpie, personaggi del mito, a metà tra donne e uccelli, possedevano unghie affilate e ad artiglio in quanto predatrici e rapitrici di anime. Lo testimonia l’opera di Leoncillo Leonardi Arpia (1939), ceramica di grandi dimensioni esposta alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Leonardi, spoletino di origine, ha lavorato a lungo a Roma. Un’opera che suscita grande interesse e discussioni è il Polittico di Isenheim di Matthias Grunewald (1512-16). Nella predella è rappresentata la deposizione di Cristo che appare con molteplici segni lineari sulla pelle (danni da frusta?) e con unghie dei piedi scure. Il Cristo di Isenheim era oggetto di grande venerazione nel XV e XVI secolo da parte delle popolazioni contadine dell’Alsazia che, per motivi climatici, si nutrivano di pane e derivati di segale contaminata da funghi (segale cornuta) e si ammalavano di ergotismo. I sintomi erano soprattutto legati a danni del sistema vascolare, nervoso (allucinazioni) e della cute (prurito). L’ergotismo era spesso fatale e aveva sempre effetti devastanti sulle comunità che ne erano colpite. Si presentava sotto due forme prevalenti: ergotismo convulsivo, caratterizzato da sintomi neuroconvulsivi di natura epilettica, oppure ergotismo gangrenoso, che provocava cancrena alle estremità fino alla loro mummificazione. È sospettabile, ma tutto da dimostrare, che quelle unghie scure, così come in alcune note patologie vascolari periferiche di altra origine, siano state descritte dall’Artista per creare una forte identificazione dei malati che gli chiedevano la grazia della guarigione. Nel Banchetto di nozze di Peter Bruegel (1568), nel Mangiatore di fagioli di Annibale Carracci (1584-6) e in varie opere di Caravaggio (Giuditta e Oloferne, 1598 – Cattura di Cristo, 1602 – Incredulità di S.Tommaso, 1601 – Madonna dei pellegrini, 1606 – Negazione di S. Pietro 1610) si nota che alcuni dei personaggi rappresentati hanno unghie ”distrofiche” ovvero segnate da striature longitudinali o sporche di residui di terra o altri materiali. Colpisce il dettaglio delle unghie dei piedi della Madonna dei pellegrini che sono francamente patologiche. Malattia delle unghie delle mani è anche quella che mostra Barbara Vlaenderbergh ritratta nel 1460 da Hans Memling (anemia? lichen ungueale? Diremmo se fosse una nostra paziente). Il formidabile “realismo” e l’attenzione ai dettagli dei maestri della pittura si desume anche da questi particolari.
Nelle unghie i medici possono leggere i segni di malattie sistemiche d’organo che vanno dai disturbi dell’alimentazione e dell’assorbimento di principi nutritivi (vitamine, aminoacidi, oligoelementi), alle anomalie della tiroide, ai danni della funzione renale (half and half nails ovvero unghie bicolori), alle anemie ferroprive nelle quali le unghie assumono l’aspetto di un cucchiaio (coilonichia) in seguito alla formazione di un avvallamento centrale che le rende concave. L’immagine pittorica che richiama questa ultima patologia è Il Cardinal decano di Scipione (Gino Bonichi). Affascinato dalla sua forza spirituale, ritrae nel 1930 il cardinal Vannuttelli 94enne, ma ancora energico e simbolo di una Roma che forse non c’è più e nella quale tutto sta cambiando (i patti Lateranensi sono del 1929), ad eccezione del rosso dei tramonti caro a Scipione. Le mani scarne e allungate, mostrano unghie piatte o a cucchiaio e ci piace pensare che il vecchio e onorato cardinale… fosse in realtà carente di ferro. Le unghie grigie e striate che esprimono uno stato di salute approssimativo sono quelle che vediamo lunghe e affilate nell’Autoritratto di Dalì bambino malato a Cadaques (1920) e in quelle grigio-giallastre dell’Autoritratto di Caravaggio come Bacchino malato (1593). Tra le malattie della pelle che si associano a danni ungueali, la psoriasi e il lichen planus fanno la parte del leone. Nell’opera di Fausto Pirandello Nudo su fondo bianco (1927), le unghie della donna ingrandite fanno pensare alla psoriasi ungueale. Non si individuano apparentemente segni della malattia sul corpo, ma l’obesità come fattore predisponente è evidente. E il lichen si può sospettare, magari associato a uno stato di anemia, nelle modelle del maestro Hans Memling, autore di splendidi ritratti. Nel Ritratto di Barbara Vlanderbergh (1460) e nel Ritratto di Maria Portinari (1470), le unghie appaiono distrofiche con avvallamenti, striature e irregolarità grossolane, che a volte ritroviamo nelle unghie affette da questa fastidiosa malattia della pelle che colpisce in maniera elettiva anche unghie e cavo orale. Un capitolo a parte meritano le unghie di colorito biancastro: nella pratica dermatologica quotidiana sono spesso il segno dell’infezione fungina. Nelle opere d’arte possiamo soltanto immaginare che alcuni dei modelli ritratti pullulassero di funghi nei piedi e nelle mani dipinte. A volte, però, il bianco è soltanto un simbolo, come accade per esempio in molte opere di Egon Schiele (1890-1918). Negli Autoritratti si dipinge spesso con le unghie bianche o color panna, ma anche i modelli/e di altre opere mostrano unghie pallide o francamente bianche. È il colore simbolo dell’assenza di sangue, del freddo e della vasocostrizione. È infine, il simbolo della morte e delle tragedie del XX secolo, quando guardiamo alle unghie dei gesti disperati o dei frammenti degli arti dei disgraziati protagonisti di uno dei capolavori di Picasso, Guernica (1936).

Massimo Papi
Dermatologo, Roma