Il sarcoma di Kaposi è un tumore vascolare maligno caratterizzato da una proliferazione tumorale di cellule endoteliali. Fattore eziologico è il virus HHV8 presente nel 100% delle lesioni di tutte le quattro varianti conosciute: classica, africana, iatrogena e HIV correlata.
La nostra esperienza (mia e di Vinicio Boneschi) è partita nell’anno 1979 e quindi festeggiamo oggi i 40 anni della nostra avventura che ci ha permesso di raccogliere la casistica più numerosa attualmente descritta: 1700 pazienti affetti da sarcoma di Kaposi.

1979: nel salone a 16 letti della seconda clinica dermatologica del Policlinico di Milano diretta dal professor Piero Caccialanza prima e dal professor Aldo Finzi poi, si presenta il signor Alfredo, settantenne in buona salute generale e con una grande passione per il suo orto. Il sarcoma di Kaposi che colpiva mani e piedi non gli permetteva più di impugnare la vanga e la zappa e non vi erano a quel tempo possibilità terapeutiche vere se non l’attesa o la radioterapia che per il signor Alfredo non erano percorribili data l’estensione delle lesioni. Grazie al consulente oncologo di quel tempo, professor Gino Luporini, si comincia a pensare a una chemioterapia possibile e viene scelto un alcaloide della vinca: la Vinblastina. Il suo utilizzo ci permette di ottenere un ottimo risultato e il signor Alfredo torna a lavorare nell’orto. La sua gioia ci contagia e ci dà lo slancio per continuare la nostra avventura.

Negli anni ‘70 si comincia ad associare il KS agli effetti degli immunosoppresori e quindi viene riconosciuto come possibile complicanza nei trapiantati; anche in questo caso ci troviamo ai primi posti nello studio e nella risoluzione di malattia in questa tipologia di pazienti.

Per molti anni le somministrazioni di chemioterapici sono state da noi effettuate senza ausilio infermieristico in una piccola stanza messa a disposizione dal prof. Finzi: tale terapia era fuori dagli schemi curativi della tradizione dermatologica e molte furono le resistenze, sia da parte degli infermieri che di alcuni colleghi e scuole dermatologiche. In alcuni casi le critiche ci hanno spronato non solo a cercare farmaci singoli o in associazione di più rapida efficacia e migliore tollerabilità e compliance, ma anche di formulare criteri oggettivi in base ai quali poter decidere quando e come iniziare la terapia sistemica; abbiamo quindi proposto una stadiazione per la malattia di Kaposi classica che riteniamo di valido aiuto per impostare la terapia. In tale lavoro siamo stati affiancati per molti anni da colleghi preziosi per il loro entusiasmo e spirito di collaborazione, tra cui Silvia Fossati e Silva Ferrucci, entrambi ora assistenti di ruolo rispettivamente all’Ospedale di Gallarate e al Policlinico di Milano, nonché da laureandi, borsisti e specializzandi che hanno svolto le loro tesi su vari aspetti dell’ SK.

Negli anni ’80 arrivano le prime segnalazioni dagli USA circa l’associazione tra gravi infezioni opportunistiche e SK in pazienti omosessuali e l’interesse per la patologia diventa sempre più vivo, soprattutto quando viene segnalato come marchio di AIDS.

1994: Chang e More scoprono il virus erpetico correlato all’SK, l’ HHV8.

Con il contributo fondamentale del professor Emilio Berti e in collaborazione con Carlo Parravicini e Mario Corbellino, rispettivamente patologo e infettivologo dell’ ospedale Sacco di Milano vengono messi a punto le prime indagini anticorpali sia per la variante classica che iatrogena. Tali indagini permettono la pubblicazione su riviste internazionali tra gli anni ‘90 e 2000 di studi epidemiologici e patogenetici. Da altri centri e regioni cominciano ad affluire pazienti e arrivano richieste di collaborazione. Di pari passo si moltiplicano le pubblicazioni sull’argomento sia in campo nazionale che internazionale.

2002: si apre la collaborazione con l’istituto Superiore di Sanità per un protocollo terapeutico che prevede l’uso della terapia antiretrovirale; tale collaborazione ci permette di diventare uno dei centri di collaborazione nazionale per la malattia.

La constatazione che HHV8 sia necessario, ma non sufficiente per l’insorgenza della malattia ha stimolato molti studi in campo immunologico, virologico e genetico.

Si sviluppano le nostre collaborazioni con IRCCS Fondazione Don Gnocchi di Milano (Roberta Mancuso e Mario Clerici) e il laboratorio di immunologia del dipartimento di scienze e tecnologiche biomediche di Milano (M. Clerici e Silvia Della Bella) .

Con la Dott.ssa Della Bella continua una proficua collaborazione che porta alla dimostrazione che le cellule progenitrici endoteliali presenti nel sangue periferico di pazienti con SK sono stabilmente infettate da HHV8 e quindi potenziale reservoir del virus in grado di determinare, localizzandosi in sedi permissive, l’insorgenza simultanea o in tempi diversi della lesioni di SK in vari distretti corporei. Questa evidenza apre nuove prospettive in campo diagnostico e forse a più lungo termine in campo terapeutico. Questo cammino è stato affiancato da giovani forze collaborative nel nostro gruppo: Monica Bellinvia, Athanasia Tourlaki e Bianca Maria Scoppio. Bianca Maria Scoppio ancora ci aiuta benché l’impegno con l’Istituto dei Tumori sia preponderante; Athanasia Tourlaki è diventata l’altro punto di riferimento e si occupa insieme a me a tempo pieno del nostro ambulatorio.

Tutto questo lavoro,tutto questo tempo ci ha permesso di raccogliere e seguire la più numerosa casistica al mondo: 1700 pazienti affetti da Sarcoma di Kaposi nelle sue 4 forme: classico, iatrogeno, HIV + correlato e africano. Infatti ultimamente siamo stati invitati nella repubblica democratica del Congo e anche in Etiopia per proseguire il nostro cammino anche nei pazienti con questa variante. Ben 250 pubblicazioni nazionali e internazionali, congressi nazionali e internazionali, seminari e incontri ci hanno permesso di essere oggi nella nostra clinica dermatologica di Milano riferimento per dermatologi, oncologi reumatologi e trapiantologi.
La realizzazione di un sogno di ricerca è possibile in un tempo condiviso con chi cresce in esso e non si ferma perché non perde l’obiettivo che da sempre è stato la cura dei nostri pazienti.

Lucia Brambilla
Dermatologa, Milano