Il termine “dermatoporosi” è stato recentemente coniato (1,2) per indicare uno stato di insufficienza cronica della cute relativo alla sua funzione di protezione meccanica del corpo.
Solitamente quando si dice che la cute invecchia si pensa all’estetica, ovvero alle rughe, alla perdita di tono e di elasticità, ma non si pensa alla vera funzione della cute che è quella di proteggere il corpo. L’invecchiamento funzionale della cute è un fenomeno fisiologico, ma in alcuni soggetti (fotoesposizione cronica e prolungate terapie corticosteroidee) questo può essere grave a tal punto che la cute diventa fragile, atrofica e fatica a ricostituirsi una volta lacerata.
La dermatoporosi è primaria, se dovuta al fisiologico invecchiamento della cute associato a fotoesposizione cronica, e secondaria o jatrogenica, se dovuta al cronico uso di corticosteroidi. è molto più comune nelle donne ed inizia generalmente dopo i 60 anni per raggiungere il suo apice tra i 70 e i 90 anni.

Clinicamente si osservano:

1. Markers morfologici di fragilità cutanea
– Atrofia: è clinicamente più evidente nelle aree fotoesposte e si manifesta con una cute molto sottile (0.7-0.8 mm contro i v.n. 1.4-1.5 mm), con molte rughe, porpora e pseudocicatrici. Istologicamente, nel derma, predominano l’elastosi e la riduzione di collagene, fibre elastiche e mucina.
– Porpora: è localizzata prevalentemente alle estremità ed è il risultato di ripetuti microtraumatismi che comportano, nel derma, stravasi ematici. La cute sovrastante integra.
– Pseudociacatrici: sono localizzate prevalentemente al dorso delle mani e agli avambracci e sono dovute a lacerazioni dermiche spontanee. Hanno un colore biancastro rispetto alla cute circostante e possono avere forma stellata, lineare o a placca. 

2. Manifestazioni funzionali di fragilità cutanea
– Ematomi dissecanti: sono localizzati prevalentemente agli arti inferiori e sono spesso confusi con banali erisipele. I microtraumatismi a cui vanno spesso soggetti gli anziani possono comportare massivi sanguinamenti in uno spazio virtuale compreso tra il derma e il tessuto adiposo o tra questo ultimo e la fascia muscolare. Inizialmente l’area colpita è eritematosa, edematosa e calda. A lungo andare l’ematoma interno compromette l’apporto sanguigno all’area di cute coinvolta comportando ischemia e necrosi tissutale (3). Una radiografia in questi casi sarebbe utile per fare la diagnosi corretta; una risonanza stabilirebbe invece l’esatta localizzazione dell’ematoma. 
– Ritardo di cicatrizzazione: non è noto l’esatto meccanismo che spiega il ritardo / difetto di riparazione tissutale, ma sembra che vi sia un diminuita capacità proliferativa dei cheratinociti e dei fibroblasti così come una produzione di citochine inibenti la differenziazione cheratinocitaria. 

In base a quali manifestazioni cliniche sono presenti e in base alla loro gravità si possono distinguere 4 stadi di dermatoporosi.
I meccanismi patogenetici responsabili della dermatoporosi non sono ancora completamente chiari, anche se si pensa sia dovuta ad una concomitanza di eventi. 
Con l’invecchiamento la matrice extracellulare si riduce così come il collagene e le fibre elastiche. Tutto questo è dovuto ad una instabilità genomica fisiologica, alle radiazioni UV accumulate nel tempo (formazione di radicali liberi che alterano il DNA mitocondriale e attivano mediatori dell’infiammazione nonchè riduzione di acido jaluronico), alla glicazione non enzimatica di alcune proteine strutturali e all’accumulo di mediatori dell’infiammazione (metalloproteasi 1, 2 e 3).
Anche l’acido jaluronico si riduce. Quest’ultimo è molto importante poichè forma una rete viscoso-elastica che stabilizza le strutture intercellulari, tra cui collagene e fibre elastiche.
Venendo meno, quindi, sia il collagene che i componenti della matrice extracellulare è inevitabile che la cute perda le sue funzioni meccaniche e diventi fragile.
A questo punto quale trattamento prendere in considerazione per questa patologia?
Uno studio recente (4), eseguito sui topi, ha dimostrato come l’applicazione topica 2 volte al giorno di frammenti di jaluronico di grandezza intermedia (HAFi 50-400 kDa) possa migliorare in maniera significativa l’atrofia caratteristica della cute con dermatoporosi.
Questi frammenti andrebbero a stimolare la produzione diCD44v3 (isoforma del recettore dell’acido jaluronico) e di HB-EGF (heparin binding epidermal growth factor) che sono tra i responsabili della proliferazione cheratinocitaria.
Anche la retinaldeide è stata valutata, sempre nel topo, poichè in grado di stimolare l’iperplasia epidermica (stimola la produzione di HB-EGF e l’espressione di CD44 e di acido jaluronico). Tra i frammenti di jaluronico di grandezza intermedia e la retinaldeide c’è sinergia, utile all’attivazione delle jaluronato sintetasi epidermiche che stimolano la produzione di acido jaluronico endogeno sia a livello epidermico che dermico.

Sandra Lorenzi 
Dermatologa, Bologna