VESPASIANO GONZAGA E LA SUA MALATTIA RINASCIMENTALE

Mantova e Sabbioneta sono insignite del prestigioso riconoscimento UNESCO di “Patrimonio mondiale dell’umanità” in quanto rappresentano due aspetti dell’urbanistica rinascimentale: Mantova mostra il rinnovamento e l’ampliamento di una città esistente, mentre a circa 30 km di distanza, Sabbioneta rappresenta l’attuazione delle teorie dell’epoca sulla pianificazione della città ideale. Gli ideali del Rinascimento, promossi dai Gonzaga, sono presenti nella morfologia e nell’architettura delle due città. Sabbioneta, nata nella seconda metà del ‘500 sotto il dominio di Vespasiano Gonzaga Colonna, può essere descritta come città monoperiodale e presenta una pianta a reticolo ortogonale. Il Palazzo Ducale, il Teatro all’Antica, la Chiesa dell’Incoronata sono alcuni dei luoghi voluti da Vespasiano che impreziosiscono la sua piccola città, nota come la “piccola Atene”.
Vespasiano nacque nel 1531 da Rodomonte Gonzaga, esponente della celebre famiglia della corte mantovana, e Isabella Colonna. Rimasto orfano di padre a solo un anno di età, si formò alla corte del re Filippo II di Spagna. A partire dal 1556 è a Sabbioneta dove coordina la costruzione della sua città ideale.
Così venne descritto da Torquato Tasso: «Signore di bello e ricco Stato, ma d’animo, di valore, di prudenza, d’intelletto superiore alla sua propria fortuna e degno di essere paragonato co’ maggiori e più gloriosi principi de’ secoli passati»

La vicenda personale di Vespasiano venne però funestata da una serie di lutti (due mogli e l’unico figlio maschio, nonché erede) e da un’infermità che lo accompagnerà tutta la vita: le fonti scrivono infatti come “La debolezza, in cui lasciato lo avevano le sofferte infermità, non gli aveva permesso di segnalarsi ancora in alcun fatto d’armi
Vespasiano morì nel 1591, a soli 59 anni, e venne sepolto in un mausoleo che Lui stesso aveva fatto progettare dallo scultore Giovanni Battista della Porta. Nel 1988 avvenne la ricognizione del corpo ad opera di un gruppo di paleopatologi, che dimostrarono, in base allo studio dei resti ossei, che l’infermità che aveva accompagnato Vespasiano tutta la vita era la sifilide.
L’origine della sifilide rimane uno dei più grandi enigmi nella storia della medicina. Una teoria suggerisce che la malattia abbia avuto origine nelle Americhe e sia stata introdotta dall’equipaggio di Colombo che tornava in Europa dal Nuovo Mondo nel 1493. Secondo una seconda teoria, la sifilide esisteva in precedenza nel Vecchio Mondo ma non fu riconosciuta fino alla fine del XV secolo. Dalla fine del XV alla metà del XVI secolo, l’Italia fu un grande campo di guerra e un ambiente sociale ideale per la diffusione della malattia. Nel Rinascimento, l’Italia conobbe un aumento del volume degli scambi commerciali, nuovi contatti tra le popolazioni, migrazioni da altri paesi e, soprattutto, un’epoca di maggiore libertà sessuale. Poiché la malattia incarnava soprattutto in alcune fasce della popolazione il concetto di malcastigo divino, Ercole I d’Este fece svolgere un pubblico dibattito presso la sua corte nell’aprile 1497 (nota “Disputa di Ferrara“). Vi intervennero alcuni cattedratici dell’ateneo ferrarese e Corradino Gilino, medico di corte, che in quell’anno aveva pubblicato l’opuscolo De morbo quem gallicum nuncupant, in cui riconduceva la malattia ad una sfavorevole congiuntura astrale e quindi ad una punizione divina. La Disputa di Ferrara rappresenta lo strappo creatosi tra chi credeva in un’origine del tutto modernadell’epidemia (“rinascimentale”) e chi invece, rifacendosi alla medicina tradizionale, cercava di rintracciare in Galeno o in Ippocrate descrizioni di malattie analoghe.
Vespasiano è stato un grande umanista, espressione della vivacità culturale rinascimentale; la sifilide che lo ha colpito ha determinato non solo la sua storia personale ma anche la storia del Suo Ducato che dopo di lui non ha avuto eredi.

Gianluca Nazzaro
Dermatologo, Milano