Sin dall’antichità uomini e donne hanno avuto a disposizione diversi coloranti per coprire i fastidiosi capelli bianchi o per cambiare il colore naturale dei propri. Il colorante più impiegato sino al secolo scorso è stato l’hennè (Lawsonia inermis); l’impiego dei coloranti sintetici risale invece al 1883 col brevetto di una miscela di parafenilendiamina (PPD) e perossido di idrogeno. Da allora sono stati sintetizzanti molti altri pigmenti organici ed il loro uso è andato sempre più diffondendosi.

Le tinture per capelli sono divise in 3 gruppi: vegetali, metallici ed organici sintetici, questi ultimi disponibili in formulazione temporanea, semipermanente e permanente. Quasi tutti i coloranti permanenti sono tinture per ossidazione, cioè composti che richiedono la miscelazione con un agente ossidante prima dell’uso. Oggi sono i prodotti più utilizzati dai parrucchieri e a domicilio in quanto sono i soli a garantire un colore “permanente”, una notevole gamma di sfumature ed una perfetta copertura di capelli grigi e bianchi. I composti utilizzati sono “coloranti intermedi”, appartenenti alla famiglia delle ammine aromatiche, che acquisiscono colore solo dopo miscelazione con prodotti ossidanti.

La parafenilendiamina (PPD) è il “colorante intermedio” più utilizzato in quanto dona vivacità e lucentezza alle tinture permettendo, inoltre, una maggiore resistenza ai lavaggi allungando quindi la durata della colorazione. La PPD è però anche la causa più comune di reazioni cutanee di tipo allergico, sia immediato che ritardato, a tinture per capelli. Le prime si manifestano sotto forma di orticaria da contatto, alcuni minuti dopo l’applicazione del prodotto, con prurito del cuoio capelluto ed edema di volto e palpebre. In casi rarissimi sono segnalati anche asma e shock anafilattico. Le reazioni ritardate sono invece rappresentate dalla dermatite allergica da contatto (DAC) con PPD, manifestazione che insorge da alcune ore sino ad alcuni giorni dopo l’applicazione della tintura in soggetti già sensibilizzati. Solitamente, questa forma di DAC colpisce cuoio capelluto, occhi, orecchie e viso, manifestandosi con una dermatite eczematosa associata, nei casi più gravi, ad un intenso bruciore del cuoio capelluto e ad un marcato edema delle palpebre sino alla chiusura delle stesse. Anche le mani possono risultare interessatenei pazienti che applicano le tinture senza l’ausilio dei guanti o qualora ci si trovi dinanzi ad una forma professionale di DAC con PPD. In particolare, quest’ultima colpisce prevalentemente i parrucchieri.

I capelli non sono interessati e pertanto non cadono; inoltre, in genere non ci sono residui di tintura sui capelli e pertanto non è necessario tagliarli.

La DAC con PPD è divenuta nel tempo un problema sempre più serio, tanto è vero che  la legislazione europea, attualmente, ne tollera un limite entro il 6%.

La crescente incidenza di questa patologia è attribuibile sia al maggiore numero di pazienti che utilizzano tinture per capelli, sia al fatto che si ricorra sempre piùprecocemente a questi prodotti. Inoltre, una ulteriore causa di sensibilizzazione è rappresentata dalla pratica di effettuare  tatuaggi non permanenti all’hennè che spesso contengono elevate concentrazioni di PPD (decisamente superiori al 6%) e sono quindi in grado di sensibilizzare i pazienti anche se esposti una sola volta a questo colorante.

L’allergia da contatto alla PPD è valutata mediante patch test, usando l’1% di PPD in vaselina. Questa sostanza è inserita in gran parte delle serie standard per patch test usati per valutare un’eventuale DAC in pazienti affetti da eczema.

Se si risulta sensibilizzati alla PPD si dovrebbe evitare l’uso delle tinture permanenti per capelli;  valida alternativa sono i prodotti semi-permanenti, come quelli a base di paratoluendiamina solfato, anche se, sfortunatamente, alcuni individui possono reagire anche a questi prodotti in quanto chimicamente simili alla PPD.

Ulteriore alternativa può essere rappresentata dalle tinture vegetali come quelle a base di Hennè, di indaco o di camomilla, che hanno però l’inconveniente di non riuscire a coprire i capelli bianchi e di permettere solo alcune nuance: l’hennè conferisce una colorazione tendente all’arancione, la camomilla un riflesso giallastro e l’indaco blu e verde.

Altra soluzione è quella di utilizzare le tinture che contengono coloranti temporaneieliminabili col semplice risciacquo. Questi prodotti contengono grosse molecole che si depositano sulla superficie esterna del capello vivacizzandone la naturale tonalità. Come nel caso delle tinture vegetali, anche questi coloranti hanno però il limite di non riuscire a mascherare i capelli bianchi.

Nei casi di DAC professionale con PPD è invece obbligatorio evitare il contatto con tale sostanza indossando particolari dispositivi di protezione individuale.

I soggetti sensibilizzati alla PPD devono necessariamente informare il proprio medico e soprattutto il proprio dentista di tale allergia in quanto la PPD mostra reattività crociata con alcuni anestetici, come la benzocaina e la procaina, con alcuni farmaci, come le sulfonamidi, e con alcuni schermanti solari come l’acido paraminobenzoico.

 

Caterina Foti
Dermatologa, Bari

1- Duarte IFusaro MLazzarini R. Etiology of para-phenylenediamine sensitization: hair dye and other products. Dermatitis. 2008; 19:342.

2- Krasteva MBons BRyan CGerberick GF. Consumer allergy to oxidative hair coloring products: epidemiologic data in the literature. Dermatitis 2009; 20:123-41.

3- Calogiuri GFoti CBonamonte DNettis EMuratore LAngelini G. Allergic reactions to henna-based temporary tattoos and their components. Immunopharmacol Immunotoxicol.2010; 32: 700-4.